sabato 28 maggio 2016

Etimologia del gusto


GUSTO: s. m. [lat. gustus -us; nel sign. 3 b, deverbale di gustare]. – 
1. Uno dei cinque sensi di cui l’uomo è dotato: è il senso specifico esercitato attraverso gli organi gustativi o organi del g. (papille contenute nelle varie parti della cavità orale, nervo glossofaringeo, corda del timpano), per mezzo del quale viene riconosciuto e controllato il sapore delle sostanze introdotte nel cavo orale. 
Locuzioni: stuzzicare il g.; piaceredispiacere al g.; perdereriacquistare il g.; gfine,acutodelicatogottusogrossolanoguastocibo graditopiacevole al g.; medicina intollerabile al gusto
2. Sapore:cioccolatini di gsquisitocaramelle al gdi lamponeminestra di poco g.; questo caffè ha uno strano g.; sentire,distinguere il gdei cibi
3. estens. a. Soddisfazione, piacere che si prova assaporando cose buone, o che paiono buone:divorò tutto il pranzo con gran gustob. ant. Assaggio, anche in senso fig.: se la

Anatomia del gusto

GUSTO

Iniziamo il nostro viaggio nel gusto analizzando gli organi di senso più importanti per analizzare un cibo: olfatto e gusto.
Noi questa sera, ci soffermeremo sul gusto.
Il sapore riguarda tutte le sensazioni che siamo in grado di percepire tramite i recettori gustativi presenti sulla lingua.
Sulla lingua possiamo trovare 4 tipi di papille:
  1. papille filiformi
  2. papille fungiformi
  3. papille vallate
  4. papille folliate.
Le papille filiformi sono rilievi tozzi e sono ripartite su tutto il dorso della lingua. Sono sottoposte a continue sollecitazioni meccaniche.
Hanno due funzioni:
  1. funzione meccanica, la ruvidezza che queste papille conferiscono alla lingua serve a trattenere gli alimenti, ciò agevola una delle funzioni della lingua che è quella di spingere, mantenere e ripartire il cibo tra i denti nel corso della masticazione.
  2. Funzione tattile: le papille filiformi sono riccamente innervate. Gli stimoli tattili vengono amplificati a livello di queste papille, infatti corpi estranei esplorati con la lingua sembrano avere volumi maggiori di quelle reali.
Anche se in queste papille non sono presenti i calici gusativi, concorrono lo stesso formare il gusto, proprio perchè del cibo non apprezziamo solo il sapore ma anche la consistenza, pensiamo ad esempio alla croccantezza delle patatine fritte o del pane fresco, o alla morbidezza di una vellutata o di una crema.
Nella lingua ci sono anche terminazioni nervose sensibili alle temperature dei cibi, queste condizionano le nostre sensazioni... basta pensare alla sensazione che proveremmo davanti ad una birra calda o ad un brodo gelato.
Le papille fungiformi sono rilievi a forma di fungo. Si trovano sul dorso e sull'apice della lingua.
In queste papille troviamo i calici gustativi
Le papille vallate sono poche, 7-11 e si trovano sulla base della lingua.
All'interno di queste papille si trovano numerosi calici gustativi.
Al fondo della valle che circonda le papille vallate, si trovano le ghiandole gustative, il loro secreto, molto fluido, ha il compito di mantenere libero il vallo delle papille per far sì che le gemme gustative siano sempre in grado di ricevere gli stimoli dagli alimenti.
Le papille folliate si trovano sul margine del corpo della lingua, qui ritroviamo sia i calici gustativi che le ghiandole gustative.

Nell'uomo sono presenti circa 9000 gemme gustative, spare come abbiamo già detto, nelle papille fungiformi e vallate. Questi bottoni sono specializzati nel riconoscere i vari gusti e rispondono attraverso reazioni chimiche che poi vengono trasformate in impulsi nervosi. E' come se ongi molecola che arriva, dolce, salta, acida o amara possedesse una chiave per aprire un solo tipo di serratura. Per arrivare al livello delle gemme gustative, il cibo deve essere liquido o già sciolto.
Un bottone gustativo è costituito da un gruppo di 5-8 cellule di forma fusata, provviste di un poro gustativo.
Il corpo di queste cellule è avvolto da terminazioni nervose. L'impulso nervoso che si genera a livello di questi recettori viene trasmesso ai centri del sistema nervoso attraverso le fibre dei nervi facciale-glossofaringeo e vago.
Vengono riconosciuti 4 sapori:
  1. amaro, percepito sul retro della lingua
  2. dolce, percepito sull'apice della lingua
  3. salato, ai bordi della lingua
  4. aspro/acido, sul lato della lingua
ultimamente è stato aggiunto un nuovo gusto che è l'umami.
Il gusto piccante in realtà non esisteste, quello che noi normalmente associamo al piccante non è un

Il gusto nel Vecchio Testamento



Nel Vecchio Testamento sono presenti dei riferimenti al gusto in modi differenti.
 Troviamo il riferimento al Signore per farci toccare con mano quello che realmente è in grado di fare per noi


Salmi 34

9 Gustate, a prova, che buono è il Signore:
felice l’uomo che a lui fa ricorso.

Salmi 26

4 Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per gustare la dolcezza del Signore
ed ammirare il suo santuario.

Sapienza 16
20 Invece sfamasti il tuo popolo con un cibo degli angeli,
dal cielo offristi loro un pane già pronto senza fatica,
capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto.

Abbiamo un riferimento al gusto in senso negativo

Il gusto nel Nuovo Testamento

Giotto - Nozze di Caana

I Padri della Chiesa e il gusto



L’espressione sensi spirituali – utilizzata sovente nella forma singolare come senso divino, senso spirituale o senso interiore, impiegata al plurale in analogia con i cinque sensi corporali – traduce una semplice constatazione, un’esperienza facilmente verificabile e ben espressa da Giovanni nel suo vangelo: «Dio nessuna persona lo ha mai visto» (Gv 1,18). Tuttavia, Dio non può essere totalmente separato dall’uomo, creato a sua immagine e somiglianza: in qualche modo Dio deve manifestarsi alla sua creatura e rendersi conoscibile. Come l’uomo esteriore è dotato di un corpo che possiede organi sensoriali adatti alla percezione del sensibile, così, l’uomo interiore possiede organi specifici atti alla percezione delle realtà divine, spirituali e immateriali: del resto, la conoscenza di Dio non dipende dall’occhio del corpo, ma dallo spirito. 

ORIGENE



Il riferimento a Origene, eminente rappresentante della scuola di Alessandria nel terzo secolo, è d’obbligo trattandosi di colui che ha dato l’avvio alla dottrina dei cinque “sensi spirituali”, spintovi, tra l’altro, dalla sua stessa tendenza a interpretare allegoricamente ogni allusione biblica al numero cinque come riferimento ai cinque sensi.

A proposito dei profeti, Origene così scriveva:

 « La loro vista e il loro udito era spirituale; similmente essi gustavano e odoravano, per dir così, con un senso che non era sensibile; ed era così che toccavano il Verbo con la loro fede, in modo da ricevere la sua emancipazione che li purificava; ed era così che essi vedevano quelle cose che riferiscono di aver vedute, e udivano quel che dicono di aver udito, e provavano altre simili cose, di cui parlano, come quando dicono di aver mangiato il rotolo d’un volume che era stato dato loro (cfr. Ez. 3, 2)...

Sui sensi spirituali Origene scriveva:

«L’uomo esteriore ha il gusto; anche l’uomo interiore ha il gusto spirituale di cui è stato detto: " Gustate e vedrete che soave è il Signore ( cfr. 1Pt. 2,3).


AGOSTINO

Le confessioni


Per renderci familiare la dottrina sui sensi interiori è necessario riportare anche il pensiero di un grande testimone della tradizione cristiana, sant’Agostino, il quale espone con insuperata bellezza l’impatto che l’esperienza religiosa ha sull’insieme dei nostri sensi.


“Tardi ti ho amato, bellezza cosa antica e cosa nuova, tardi ti ho amato. […] Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace” (Confessioni)


E’ nel prolungamento dei cinque sensi che Agostino coglie dio, sembra confermare che nel movimento che porta l’uomo a rientrare dentro di sé per cercare Dio, i sensi del corpo non devono essere rigettati. Occorre tuttavia che la Grazia intervenga per purificarli e orientarli verso di Lui,

I Padri del deserto e il gusto


Cosa mangiavano i padri del deserto?

Se si dà un’occhiata al menù di questi asceti del IV-V secolo sono sempre presenti il brodo, oppure le zuppe di verdure, di cereali e di legumi.
- Un posto importante è riservato al pane. La Storia lausiaca non manca di informarci che sul monte di Nitria in Egitto c’erano «sette forni per la panificazione che servivano agli anacoreti del deserto» (HL 7,2: 39). Questo alimento era presente anche nelle varianti delle focacce, delle gallette e dei biscotti, la cui secchezza e durezza serve a far risaltare ancor di più la frugalità del loro modo di nutrirsi e alimentarsi.
- Il vino è sempre offerto con moderazione. Il rischio è quello dell’ebbrezza e che i demoni del vizio e dell’intemperanza si possano insinuare attraverso di esso.
- In generale i condimenti non sono guardati con favore. Il sale è sempre presente in quantità limitata. Esso ricorda l’azione che il cristiano deve portare nella realtà, perciò non è necessario sprecarlo a rischio di fargli perdere tutto il suo sapore (cf. Mt 5,13).
- Per quanto riguarda le carni viene raccomandata in generale l’astinenza, eccezion fatta per i soggetti più deboli e per le carni dei volatili. Il pesce invece (si tratta quasi sempre di pesciolini) viene comunemente cucinato e regolarmente consumato.
- Le concessioni che vengono fatte al dolce sono il latte, il miele, la frutta, soprattutto fichi, cocomeri e qualche primizia che veniva a maturazione a seconda delle stagioni. Ricordiamo, per esempio, che a rimpiazzare i dolciumi sicuramente c’erano anche i fichi secchi che facevano gola all’abate Arsenio (Arsenio 16: AP 45).

I Santi della Chiesa e il gusto


Ecco alcune frasi sul cibo prese da vari santi.

  •  così Girolamo non gustava nessuno scritto che non splendesse della luce delle Sacre Scritture. Con tutta semplicità egli poteva scrivere in una lettera a San Paolino, un tempo brillante senatore e console, e da poco convertito alla fede di Cristo: « Se tu avessi questo terreno d’appoggio (voglio dire la conoscenza delle Scritture), le tue opere nulla avrebbero da perdere, ma acquisterebbero anzi una certa bellezza, e non cederebbero a nessun’altra per l’eleganza, per la scienza e per la finezza della forma... Unisci a questa dotta eloquenza il gusto o la comprensione delle Scritture, e presto ti vedrò posto nelle prime file dei nostri scrittori » 
  • Dove c'è amore, non c'è fatica, ma gusto» S.Bernardo In Cantica, serm. LXXXV, 8: PL 183, 1191D.
  • "a tavola non parlare del cibo: è una grossolanità che non ti si addice. - Parla di cose elevate- dell'anima o dell'intelletto - e nobiliterai questo dovere"  S.Josemaria Escrivà  - cammino n°680

  • "di solito mangi più del necessario. - e quella sazietà, E quella sazietà, che spesso è causa di pesantezza e di molestia fisica, ti rende inetto al sapore dei beni soprannaturali e intorpidisce la tua intelligenza.- che bella virtù, anche per le cose terrene, è la temperanza!" S.Josemaria Escrivà - cammino n°682 




Le arti e il gusto

Carraci - Mangiatore di fagioli

un video introduttivo di Philippe Daverio sulla relazione tra arte pittorica e gusto.


Il gusto è sicuramente un fatto personale, soggettivo ci sembra quasi non ci sia nulla da spiegare ma in realtà c’è molto di più; è un piacere che ci gratifica, ci esalta, ci consola, ci identifica e ci unisce.
Perché mangiare significa molto più che calmare la fame?
Scienziati e artisti sono arrivati alla stessa risposta perché è il gusto che ci ha reso gli uomini e le donne che siamo perché è il gusto che possiede la chiave della nostra salute perché il gusto è come l’amore non possiamo farne a meno.
Il legame fra arte culinaria e arti figurative è molto più stretto di quanto si possa immaginare. Si tratta di una relazione secolare che affonda le sue radici nella tradizione classica del fare pittura. Basta sfogliare Il Libro dell’Arte di Cennino Cennini per rendersi conto che i cuochi e i pittori facevano uso delle stesse materie prime e di analoghi strumenti. Il libro, composto dal pittore veneto sul finire del XIV secolo, è uno dei più interessanti manoscritti in cui si tramandano le tecniche delle botteghe artistiche medievali: nelle sue pagine s’incontrano lo zafferano, utilizzato per estrarre il colorante giallo e il ginepro, dalla cui resina si produceva una ottima “vernice liquida”, adatta a rendere brillanti i colori; viene descritto il mortaio, indispensabile per la macinazione dei minerali dai quali si ricavavano le polveri coloranti; è spiegato come ottenere buona carbonella, pregiata non solo per cuocere le carni o il pesce, come ben sapevano i cuochi, ma indispensabile anche per fare carboncini da disegno o per preparare i pigmenti neri degli inchiostri. L’elenco potrebbe continuare con il vino, il miele, il latte, la mollica del pane, le uova che non sono solo alimenti necessari per un buon banchetto, ma anche gli ingredienti fondamentali per gli impasti cromatici e la tavolozza di un abile pittore.
Alla stregua di una gustosa pietanza, spesso definiamo “buono” un bel dipinto, preparandoci a “mangiarlo con gli occhi” quando la sua bellezza richiede tutta la nostra attenzione.
Le papille gustative dell’universo culinario tracciano sentieri che mirabilmente

Il Magistero della Chiesa e il gusto


Il magistero parla del gusto in varie accezioni, non solo quella comunemente associata al gustare con l'organo fisico della lingua, ma anche e spesso in senso spirituale o figurato.
In data 16 giugno 2016 sono 1184 i documenti magisteriali che parlano di "gusto". (si veda al fondo per una casistica numerica più approfondita*1)

Partendo dalla grande occasione di rinnovamento che fu il Concilio Vaticano II, troviamo documenti che parlano del gusto riferendosi: